Il racconto “Il bebè nell paglia” è stato scritto da Michel Tournier, uno dei più importanti scrittori francesi contemporanei.

Esso narra delle preoccupazioni del Presidente francese sulla salute del suo popolo e delle contromisure da prendere per il futuro  della nazione. Fu durante il discorso augurale  in occasione del Natale imminente che Egli decise di parlarne alla popolazione. Spiegò dunque che a suo avviso uno dei problemi più rilevanti del suo tempo era la “medicomania”, la tendenza cioè da parte delle persone ad affidarsi sempre di più alal medicina, rischiando di diventare totalmente dipendenti fa farmaci e terapie di vario genere tanto da rischiare di dilapidare il patrimonio pubblico in spese sanitarie.  Per cercare una soluzione aveva chiesto aiuto ai più alti vertici della medicina, nonché alle accademie di ricerca.

“Signor Presidente della Repubblica, mio piccolo Francois, sono fiero e felice che lei si ricordi del modesto dottore che l’ha messo al mondo e ha vegliato sui suoi primi anni. A dire il vero, il mio merito è assai limitato dal momento che lei è arrivato spingendo da solo. Ed ecco che adesso si rivolge a me, che non esercito più da molto tempo, con un argomento di portata nazionale che lascia senza parole, come lei dice, i massimi vertici della facoltà di medicina. Ma non potrebbe darsi che quei sapienti, per il fatto stesso di detenere le leve del potere della sanità pubblica, siano particolarmente inadatti a trovare un rimedio contro l’aumento sfrenato delle spese mediche?

Sul serio, signore presidente, se lei cercasse di diminuire le spese per gli armamenti andrebbe a chieder consiglio all’alto Stato Maggiore? se oso risponderle, è certamente perché non sono più medico da molto tempo, dopo esserlo stato, invero assai poco durante la mia carriera. La domanda che lei mi pone, signor presidente, mi fa pensare a un gatto, o meglio una gatta, che avevo un tempo. Essendo questa gatta in attesa dei piccoli, aveva avuto l’estro di andarli a fare in un bosco che si estende a perdita d’occhio al di là del muro del mio giardino. Poi, un giorno, l’ho vista col ventre piatto e l’occhio scintillante di sottintesi, e ho subito capito dove la conducevano le sortite che quotidianamente faceva nel terreno vicino. Nondimeno, mi guardavo bene dal fare qualsiasi cosa.

Passarono le settimane e i mesi. Un mattino vidi dalla finestra la mia gatta che giocava in un viale del giardino circondata da quattro gatti burloni. Era certamente la prima volta che saltavao il muretto dopo un ‘infanzia passata nel bosco vicino. Apro la porta senza precauzioni e avanzo verso la famigliola. La gatta mi fa festa, ma un attacco di panico disperd ei micetti in tutte le direzioni. é naturale. Com’è che non ci avevo pensato? quei gattini nati e allevati lontani dagli uomini erano animali selvatici. a meno di addomesticarli con pazienza, non avrebbero sopportato la presenza dell’uomo. Addomesticarli! Ho fatto di tutto a questo proposito. Li allettavo con piatti di cibo disposti ing iardino,ogno volta più vicino a casa. Un giorno sono riuscito con questo strattagemma ad attirarne uno in cucina.Là , ho chiuso la porta.

Il risultato è stato disastroso. Si è messo  a strillare come se lo sgozzassero. allo stesso tempo saltava sui mobili, buttando a terra vasi e stoviglie.Alla fine s’è precipitato contro il vetro della finestra, come fanno gli uccelli, ed è accaduto mezzo svenuto. Ne ho approfittato per afferrarlo e rendergli la libertà. Provo un certo imbarazzo, Signor presidente, per il fatto di intrattenerla con aneddoti in apparenza tanto futili. Ma storielle come questa sono lo specchio della vita. Sono la vita stessa. Quel che succede col passare dell ora in un giardino è istruttivo quanto ciò che si osserva nella provetta onella storta di un laboratorio, e se  lei si è rivolto a me è senz’altro per conoscere il punto di vista di chi opera “sul acampo” dopo aver interrogato la riceca in vitro Le settimane che seguirono confermarono l’impressione che aveva lasciato in me quell’esperienzac atastrofica: nati nella natura, quei gattini non erano recuperabili. La selvatichezza gli aveva segnati per sempre. Ebbi occasione di parlarne con un vicino, allevatore di bestiame. Mi fece questa rivelazione sorprendente: un vitello o un pollo nati nei campi riveleranno per tutta la vita un carattere più difficile di quelli  che hanno visto la luce, diciamo così, nella penombra di una stalla. Tutti gli allevatori lo sanno, e si guardano bene da lasciar  partorire i  loro animali all’aria aperta.Come vede, a poco a poco ci avviciniamo al problema. Perché ciò che è vero per il carattere degli animali lo è ancor di più per l’animo umano. Sì, la prima impressione, rumori, luci, odori, che colpisce un bambino appena uscito dal grembo materno lo segna per sempre. é come una curva impossibile da raddrizzare che dia una piega al suo carattere. Pur senza esser nel modo più assoluto uno storico, ho svolto alcune indagini per conoscere l’ambiente preciso in cui sono nati alcuni uomini che hanno fatto parlare di sè.

Si sa che Nappoleone vide la luce al suono dell’organo e nei fumi d’incenso dellA messa cantata del 15 agosto nella cattedrale di Ajaccio. Non tutti sanno, invece, che vi fu una scossa di terremoto a Gori, al momento della nascita di Stalin. Una gelata terribile distrusse tutti i fiori degli alberi da frutto della regione di Braunau la notte del  19 aAprile  1889 che vide nascere Adolf  Hitler. Gli antichi credevano che la nascita di un futuro grand ‘uomo fosse segnata da prodigi. Bisognerebbe invece invertire l’ordine casuale, e dire che un prodigio verificatosi al momento della nascita di un bambino può fare di lui un uomo eccezionale. Bene, qual è la rivoluzione sostanziale e quasi universale che ha caratterizzato l’ostetricia da un cinquantennio a questa parte? Una volta i bambini nascevano in casa dei genitori. Anche lei, signor presidente: ricordo la stanza di sua madre, dove lei ha lanciato il suo primo grido. E in quel modo si creavano, senza rendersene conto, bimbi contadini, operai, artigiani, pescatori o miliardari, che conservavano quell’ettichetta come se l’avessero tatuata nel profondoo del loro essere. Era un bene, era un male? Non darò giudizi. diffido dalla tendenza, un pò troppo diffusa alla mia età, a preferire le cose del passato. Ma, da cinquant’anni in qua, è cambiato tutto. Ha preso campo l’abitudine di partorire in cliniche spacializzate.

Certamente l’igiene e la sicurezza hanno tratto gran vanataggio da codesta innovazione. Il numero di incidenti al momento della nascita è diminuito in proporzioni assai soddisfacenti.Ma non si è valutato, per conto, l’effetto di quel nuovo ambiente su quella che chiamerò impronta natale. Eh sì, l’impronta natale! Ecco un concetto nuovo che i nostri Diafoirus dell’ostetricia dovranno far inghiottire ai loro computer! Da parte mia, dichiaro che un bimbo venuto al mondo su un tavolo operatorio respira l’odore  dei disinfettanti, sente ronzare strumenti elettronici e vede attorno a sè fantasmi in camicie bianco con maschere antisettiche su fondali costruiti da pareti smaltate di sale operatorie, e affermo che quel bimbo, in virtù di quell’impronta natale, sarà sempre incline a … già, come si dice?… alla clinicomania alla medicomania alla farmacomania. Signor presidente, ecco la risposta che do alla sua domanda: le spese esponenziali della Sanità Pubblica si spiegano soltanto  con questa impronta ai neonati, nei secondi nei minuti, nelle ore che seguono la loro nascita. Che fare, allora? la nascita, l’amore e la morte, occorre dirlo,non son malattie.Sono le tre grandi articolazioni dell’umano destino. Non è opportuno  che i medici se le accapparrino.

Cominciamo dunque a liberare le nascite dai miasmi farmaceutici che le avvelenano. Ecco ciò che propongo. Quando una donna sarà sul punto di diventare madre,sceglierà da sé, con la stessa libertà con cui sceglie il nome del bambino, l’ambiente naturale in cui desidera partorire e, di conseguenza, l’impronta natale che riceverà il suo bambino.Si farà di tutto perchè abbia una possibilità di scelta praticamente illimitata. È neccessario che, negli anni a venire i bambini possano nascere in tutta sicurezza sulla cima del Monte Bianco o sugli scogli dell’isola di Sein a Finisterre, in un atollo del Pacifico o sulle bionde  dune del  Sahara, nella galleria degli specchi del castello di Versailles o al terzo piano della torre Eiffel. Vedremo allora le nuove generazioni manifestare una varietà infinita.”