Siamo onorate di ricevere la donazione in memoria di “Carla Scarlini”, ostetrica, orgogliosa di esserlo, mancata nel 2016.
Il figlio Carlo Volpi e la moglie Maria Donata Rinaldi hanno così voluto ricordare la loro mamma e suocera istituendo una borsa di studio annuale in favore della formazione di giovani ostetriche, che desiderano migliorare la loro professione a sostegno del benessere di mamme e neonati.
Carla è stata molte cose, come potete leggere di seguito, ma il suo essere ostetrica è stato uno dei centri motori della sua persona e vita.
Di seguito trovate la poesia da lei scritta in omaggio alla nascita del figlio Carlo e il ricordo di Niccolò Rinaldi.
Ringraziamo di cuore Carla a nome delle giovani ostetriche, dell’Associazione La Mia Ostetrica che offre la formazione, e di tutta la categoria professionale, che ne viene così fortificata.

ADDIO A CARLA VOLPI, LA NONNA PARTIGIANA
Carla, madre di mio cognato, nonna dei miei nipoti, ci ha lasciato a 89 anni, trascorsi a dare la vita in tanti modi. Madre, nonna, ostetrica, e una passione per la cosa pubblica precoce e coraggiosa: è stata l’unica partigiana che abbia veramente conosciuto, da ragazzina andava a sabotare i depositi tedeschi a Novoli – e da quella ribellione, da quella posizione morale, non si è più mossa. Pare che mi tocchi in ricordo (splendido) la… sua ordinata e pluridecennale raccolta di tessere del Partito Comunista e dell’ANPI, tutte in ordine come le cose che in una vita contano, dove la militanza in una comunità era il segno della continuità con la Resistenza, con la volontà di ricostruire l’Italia in modo più giusto per tutti, senza retorica e senza avere niente in cambio dal punto di vista personale. Ha seguito la sinistra italiana in tutte le sue ultime trasformazioni, con consapevole e crescente difficoltà, ci mancherebbe, combinando la più totale assenza di illusioni con la fiducia nell’uomo.
Anche nelle ricorrenze di famiglia, Carla non si faceva riguardi per nessuno, e con garbo e tanta ironia levava la voce contro le ingiustizie e gli ipocriti, con la necessità di indignarsi, di simpatizzare, di non rassegnarsi mai. Con lei, a tavola, si finiva per abbandonare argomenti futili per parlare di altro.
Non a caso figli e nipoti la chiamavano la “torre di controllo”, per la sua volontà di vigilare sulle cose minute e grandi della famiglia, e di seguire, lei ottantenne militante, la vita pubblica dell’Italia e dell’Europa.
Questo suo grande senso di realtà riguardava la comprensione degli altri (a ogni Natale mi regalava un libro usato acquistato su una bancarella e sempre azzeccato), e anche se stessa: in una calda giornata del luglio del 2000, senza che nessuno se ne accorgesse, scrisse una lunga serie di lettere a ciascuno dei figli e trovate solo ora. Da aprirsi dopo la sua morte, contengono, da quel che capisco, un monito, una carezza, un ricordo per tutti, ma anche indicazioni precise quanto a testamento biologico, esclusione di qualsiasi accanimento terapeutico, cremazione, e altre disposizioni. Vedeva le cose in faccia e le chiamava per nome.
Sono state donne come lei che hanno fatto le cose migliori di questo paese, eppure dallo Stato riceveva una pensione piccola piccola. Ma aveva scelto la vita, come un viaggio unico da madre, nonna, ostetrica, militante, cittadina, partigiana – e chi sceglie così ha vissuto bene, sempre, ha avuto molto, così tanto da portarsi via parecchio e lasciarci altrettanto.
Niccolò Rinaldi

POESIA DI CARLA SCARLINI, IN OMAGGIO AL FIGLIO CARLO VOLPI

Nell’interno del bacino,
semprechè non sia deforme,
vedi un corpo piriforme
appoggiato all’intestino,
appo cui fisso rimane
con diversi legamenti
e coi rami divergenti
delle trombe Falloppiane.

Ivi, quando è cominciata
l’ordinaria emorragia
e una certa impertrofia
s’è perciò manifestata,
dal follicolo maturo
esce l’ovulo vagante
che il processo fecondante
mette subito al sicuro;
che lo impiglia, anzi lo imbuca
nella tunica villosa
che presenta la mucosa,
la qual mutasi in caduca.
E nel crescere diventa
l’amnio e il corion, traversati
da quei vasi complicati
che nutriscon la placenta.

Ivi il germe ha forma e cresce
in un sacco membranoso
pien di liquido sieroso
dove nuota come un pesce,
e la sua vita fetale
svolge senza sentimento
ritraendo l’alimento
dal cordone ombelicale.

In quel tempo la gestante
non si sente molto bene
e per solito le viene
qualche voglia stravagante.
Ha lo stomaco disfatto,
l’energia molto depressa
e cammina un pò sconnessa
causa il ventre tumefatto.
Finalmente la sorprende
un disturbo del sensorio,
e un dolor premonitorio
lungo il rachis le discende.
Il marito al suo lamento
corre, interroga e le dice:
“Vò a chiamar la levatrice,
e ritorno in un momento”!

A intervalli lunghi e rari
incomincian le pressioni,
e le forti contrazioni
delle fibre muscolari.
Sono sitoli speciali
cui la diastole consente
e interessan totalmente
le pareti addominali.

Ecco intanto alla degente
si rinnovano i dolori
sempre più provocatori
e di ritmo più frequente,
finchè sotto alla pressione,
il liquor che l’amnio serra
rompe il sacco e va per terra
precursor dell’espulsione.

La faccenda allor va lesta
e non c’è da aver paura,
se però la creatura
si presenta con la testa;
se al contrario si presenti con un braccio,
può accadere un affaraccio
e il chirurgo è necessario.

Non son fatti sì frequenti,
ma se mai caso si desse
che l’ostetrico dovesse
operar rivolgimenti,
o usar ferri, allor convienestar tranquilla, ilare, ardita,
che la scienza è progredita
e le cose andranno bene.

Dopo un grido indebolito,
in un premito finale,
nasce un maschio ed è vitale
come annuncia il suo vagito.
Sente allor di gioia un’onda
la puerpera nel core
e con l’ultimo dolore
viene espulsa la seconda.

Gentilissima lettrice,
ti narrai chiara e sincera
in che modo e in che maniera
nasce al mondo un infelice:
non gettar strilli d’orrore
da lussarti le ganasce;
meglio di come si nasce,
che narrar come si muore.