Il progetto di una collaborazione tra ortodontista e pediatra nasce da un momento di svolta nella cultura scientifica che sottintende al percorso di studi e approfondimenti di noi dentisti.

Dopo vent’anni di professione prevalentemente svolta nel campo dell’ortodonzia, posso dire di avere vissuto sulla mia “pelle” il cambiamento radicale dell’approccio diagnostico e terapeutico nei confronti delle malocclusioni.

Da un atteggiamento di correzione meccanicista, proiettata verso obiettivi ideali e assoluti, si è virato verso uno studio approfondito delle modalità di crescita del singolo bambino cercando quella chiave d’accesso, diversa per ogni caso, che ci permetta di entrare in quel determinato sistema di sviluppo.

La bocca non è più un “arnese” da riparare ma un complesso punto d’incontro di afferenze derivanti dalla genetica sicuramente, ma anche da stimoli ambientali, quindi modulabili.

Lo sviluppo della bocca riceve indirizzi precisi fin dal momento della nascita, stabilizzando caratteristiche e modalità già entro i primi tre anni di vita.

In realtà noi ortodontisti vediamo nei nostri studi, bambini sicuramente più grandi: l’età della prima visita, anche nei casi di genitori particolarmente attenti, non avviene prima dei sei anni.

Quindi quello che ci troviamo ad affrontare, quotidianamente, sono problematiche stomatognatiche che hanno già radicato le cause eziologiche (respirazione orale, abitudini viziose, masticazioni monolaterali, etc) e comincia l’iter ortodontico che a quel punto è ormai affrontato con l’ausilio di apparecchiature fisse o rimovibili.

L’aver idealizzato la “macchinetta” come metodo infallibile di ripristino della corretta funzione e buona estetica della bocca, è stata per anni la bandiera di noi ortodontisti, che abbiamo delegato a quel pezzo di resina e/o metallo, la risoluzione di ogni problema, che ci veniva sottoposto da genitori assolutamente ignari di quello che realmente era accaduto nella bocca del loro bambino affidato con grandi aspettative nelle mani del professionista…

Il sistema ha cominciato a “scricchiolare” quando le recidive sono diventate una realtà con la quale regolarmente confrontarsi, di fronte alla quale, mezzi contenitivi e spesso costrittivi si dimostravano inefficaci se non pericolosi.

È nata così, dall’ammissione del fallimento del sistema ortodontico meccanicista, l’esigenza di entrare più a fondo nell’universo stomatognatico, studiandone struttura e funzione e soprattutto la correlazione con tutto il resto dell’organismo, che porta la bocca ad essere quel “complesso sotto-sistema cibernetico”* che captando le informazioni dal mondo esterno le trasmette al sistema centrale; da qui parte una reazione che oltre ad espletare la funzione richiesta, adatta la struttura ad eseguire l’atto successivo.

La bocca fin dalla primissima infanzia, grazie alla sua grande adattabilità, diventa l’espressione e lo”specchio” dell’incontro delle funzioni di quella che viene definita Matrice Funzionale di Moss (vista, olfatto, udito, equilibrio, fonetica, masticazione) e quelli che più globalmente vengono identificati col termine di atteggiamenti posturali.

Ed è proprio in età prescolare che, più evidenti e straordinariamente illuminanti, appaiono le cause e le evoluzioni a carico di questo eccezionale, complesso sistema.

Studiare la bocca di un bambino di tre o quattro anni significa “leggere” chiaramente le connessioni funzionali (perché non ancora camuffate e inquinate da compensi) e su quelle poter agire in maniera non invasiva, rispettosa della fisiologia, spesso con piccole modifiche delle abitudini o leggerissimi condizionamenti neuromuscolari che non comportino impacci alla fonetica, alla vita di relazione, alla consapevolezza di sé nella comunicazione e soprattutto che non abituino il bambino ad una precoce medicalizzazione della “disfunzione” masticatoria, che in quest’epoca è reversibile, in forma spesso molto semplice.

L’ortodonzia ha così abbandonato l’atteggiamento empirista che l’aveva fondata e accompagnata per trent’anni, per acquisire carattere di scienza: si è cominciato a guardare la bocca non più come arnese, né come vetrina, ma finalmente come un organo sul quale si può fare prevenzione.

Prevenzione primaria con l’informazione dei genitori, da noi messa in atto approntando semplici schede-“vademecum” di orientamento che “educhino” i genitori ad assumersi la responsabilità dello sviluppo della bocca dei propri figli.

Prevenzione secondaria con semplici manovre intercettive che smascherano, in fase inizialissima la genesi di asimmetrie e scorrette posture mandibolari. (Questa fase comunque viene poi messa in atto, in seconda battuta, in ambiente odontoiatrico).

Per realizzare questo è stato necessario costruire una buona sinergia fra quegli operatori sanitari (e non sono tanti) che con grande cultura scientifica e apertura mentale, hanno compreso la forza della collaborazione in un ambito, fino a poco tempo fa vissuto da famiglie e da medici di base con atteggiamento fatalistico, come un’ineluttabile evento, fors’anche un po’ “modaiolo” al quale non ci si può sottrarre.

Abbiamo studiato insieme la fisiologia e l’anatomia della crescita dell’apparato stomatognatico con i Pediatri dello Studio Pediatrico Aretino, per comprendere e affrontare responsabilmente il fenomeno dell’incremento delle problematiche stomatognatiche.

Ci siamo dati dei protocolli di intervento intercettivo, ma soprattutto di prevenzione primaria. Sono state viste alcune centinaia di bambini e redatte delle statistiche interne tra i pazientini di questo illuminato team di pediatri.

Questo ci ha permesso di suffragare con i “numeri” le ipotesi fatte durante gli incontri di studio.

Il lavoro svolto mi ha dato un preziosissimo materiale che ho portato a congressi, dove questa esperienza originale è stata apprezzata e usata come modello.

Da non dimenticare come da questo gruppo di studio sia poi nata l’esigenza di allargare il cerchio delle collaborazioni a figure professionali, come una logopedista e una fisioterapista-posturologa, che con la loro competenza ci permettono di crescere quotidianamente nell’ottica della ricerca di una salute globale, nell’interesse dei nostri piccoli pazienti e delle loro famiglie.

Tutto questo, ed è tantissimo, si mette in pratica attraverso il dialogo con le famiglie e con accurate osservazioni cliniche che non necessitano né di apparecchiature né di strumentazioni particolari, ma semplicemente di una scrivania e una sedia, di attenzione, ascolto e…. tanto tempo dedicato allo studio, alla ricerca e… ai pazienti.

* Cibernetico: dal greco: Kybernetike = arte del pilota

Laura Coradeschi, medico odontoiatra